APPROCCIO ALLA DISFAGIA NEL
PAZIENTE ANZIANO
LEOCI Vincenzo
Specialista SAI Branca di Geriatria presso ULSS 12 Veneziana
Riassunto
La disfagia rappresenta un disturbo molto frequente che interessa una grande quantità di
anziani non autosufficienti e questo a causa delle numerosissime patologie che la possono
determinare: cause iatrogene indotte da trattamenti, cause infettive, cause metaboliche, cause
miopatiche, cause neurologiche tra cui lo stroke, sclerosi multipla, SLA, morbo di Parkinson,
demenze, cause strutturali.
La presenza inoltre di numerose situazioni proprie dell'età geriatrica, indicate complessivamente
con il termine di Presbifagia, rendono tale popolazione ancora più a rischio di disfagia
comportando delle ricadute importanti di ordine epidemiologico volte ad evidenziare la
prevalenza del disturbo e programmare pertanto le risposte più opportune, di capacità di
riconoscerlo anche precocemente visto che nell'anziano i problemi di deglutizione si manifestano
anche in maniera subdola. In questo modo potranno essere messe in atto quelle risposte assistenziali
adeguate che necessariamente dovranno essere di tipo multiprofessionale e
multidisciplinare così da evitare complicazioni molto gravi quali soffocamenti, polmoniti ab
ingestis, malnutrizioni.
La diagnosi di disfagia si avvale sia di metodiche strumentali tra cui la VIDEOFLUOROSCOPIA
(VFS) che rappresenta il Gold standard strumentale sia della BED SIDE EVALUATION (BSE)
ovvero della osservazione al letto della persona, che risulta essere una metodica non invasiva, a
basso costo, altamente specifica e sensibile e pone il sospetto o conferma l'esistenza di disfagia
e le sue complicanze, la sua gravità clinica e quindi le necessità di tipo assistenziale che
possono essere variabili nel tempo secondariamente all'evoluzione della patologia di base che la
determina; riguardo questo ultimo aspetto si riconosce una GESTIONE ELEVATA, UNA
GESTIONE MODERATA ed una GESTIONE MINIMA
Da quanto esposto si evidenzia pertanto come tale problematica necessiti di un approccio di tipo
multidisciplinare e multiprofessionale, a maggior ragione se viene gestita a domicilio, e
quindi di nuove risposte da un punto di vista organizzativo quali potranno essere le AFT ovvero
le Aggregazioni Funzionali Territoriali.
Parole Chiave:
Disfagia, Paziente anziano
INTRODUZIONE
La disfagia rappresenta, così come evidenziato da dati epidemiologici già noti in
letteratura, un disturbo molto frequente, che interessa il 20% degli anziani
ospedalizzati ed il 50% degli anziani istituzionalizzati, anche se, per questi ultimi, il
rischio di presentarla, nel corso del tempo, interessa praticamente la totalità degli
ospiti all'interno delle Residenze Protette ed RSA e questo essenzialmente per lo
stretto rapporto esistente tra ospiti anziani non autosufficienti con demenza e la
susseguente disabilità nelle ADL e disfagia; oltre a ciò vi è l'evidenza che la
maggior causa di istituzionalizzazione è rappresentata dalla demenza stessa.
Questo problema risulta ancora più importante nel territorio specie dell'ULSS 12
Veneziana che evidenzia, tra tutte le ULSS del Veneto, la più alta prevalenza di
anziani che risultano altresì più poveri e senza una adeguata rete famigliare.
La presenza inoltre di numerose situazioni proprie dell'età geriatrica rendono tale
popolazione ancora più a rischio di disfagia (Presbifagia).
Ciò comporta delle ricadute importanti di ordine:
1) epidemiologico per evidenziare la prevalenza del disturbo e programmare
pertanto le risposte più opportune;
2) di valutazione nel senso di capacità di riconoscerlo anche precocemente, di
quantizzare lo stesso e i suoi effetti;
3) di risposte assistenziali adeguate e flessibili per ridurne i rischi all'interno di
un approccio multidisciplinare e multiprofessionale che vede coinvolti contemporaneamente
diverse figure di specialistiche quali ad esempio Geriatri, Fisiatri,
Neurologi, Otorini, Internisti, Gastroenterologi Nutrizionalisti, ed altri nonché MMG,
Logopedisti, Fisiokinesiterapisti, Diestiste, Infermieri, Operatori addetti all'assistenza,
Farmacie, Distretti;
4) di tipo strettamente nutrizionale inteso come rischio di malnutrizione;
5) di tipo economico-amministrativo in riferimento ai bilanci e programmazione
di spesa (vedi ad esempio il costo degli addensanti o delle nutrizioni parenterali o
enterali tramite PEG o SNG).
DEFINIZIONI
DISFAGIA (dal greco dis = cattivo fagein = mangiare) viene definita la difficoltà a far
progredire un bolo solido semisolido o liquido dal cavo orale allo stomaco
PENETRAZIONE: è intesa come “ingresso di saliva o di alimenti nel vestibolo
laringeo (al di sopra delle corde vocali) senza ulteriore progressione per validità
difensiva della tosse;
ASPIRAZIONE: è definito come il “passaggio di ingesti nelle vie respiratorie (al di
sotto delle corde vocali) per assenza od ipovalidità della tosse. Quest'ultima negli
anziani fragili può essere:
A) Predeglutitoria: per incapacità dell'anziano a controllare il bolo prima del
regolare stimolo del riflesso propulsivo deglutitorio con bolo prematuro;
B) Intradeglutitoria da non adeguata competenza neuromuscolare dello sfintere
glottico che lascia procedere parte o l'intero bolo;
C) Postdeglutitoria per ristagno di residui salivari od alimentari che vengono
inalati alla riapertura respiratoria della glottide o per reflusso esofago-gastrico di
pasto deglutito per os o più di frequente introdotto con Sondino Naso Gastrico.
A seconda della fase compromessa prende il nome di:
1) DISFAGIA ORALE: difficoltà nella preparazione e propulsione del bolo;
2) DISFAGIA FARINGEA: difficoltà nel passaggio del bolo nella cavità
oro-faringea, fase più delicata che comporta i maggiori rischi di aspirazione di cibo
a livello tracheo-bronchiale;
3) DISFAGIA ESOFAGEA, incapacità di trattenere il bolo nell'esofago (reflusso):
FISIOLOGIA DELLA DEGLUTIZIONE
La deglutizione dell'adulto avviene attraverso sei fasi:
FASE 0: Preparazione extraorale o fase anticipatoria: in essa viene legato l'atto
deglutitorio al vissuto precedente della persona specie anziana ed entrano in gioco
stimoli visivi, olfattivi, abitudini consolidate, rituali, tono dell'umore, gusto e ripulsa
per dati alimenti, elementi questi molto importanti nel percorso riabilitativo del
paziente disfagico; è una fase preminentemente volontaria;
FASE 1: ha come scopo la trasformazione della sostanza alimentare in bolo
attraverso lo sminuzzamento e l'impasto con saliva e/o altri liquidi di provenienza
esterna così che esso possa essere adeguato alla competenza deglutitoria specie
dell'anziano agendo sulla composizione organolettica (consistenza, omogeneità,
coesione, viscosità, temperatura e grandezza) del boccone sia sull'abilità dell'anziano
a portare il cibo oltre la soglia labiale e di mantenerne la permanenza all'interno
della cavità orale. E' una fase volontaria;
FASE 2: (fase orale): la lingua si muove verso l'alto schiacciando il bolo sul palato
e quindi all'indietro sospingendo verso l'istmo delle fauci dove si trovano i loci
trigger che, se stimolati, provocano il riflesso della deglutizione. E' una fase volontaria;
FASE 3: l'atto respiratorio si interrompe momentaneamente (apnea), per consentire
il passaggio del bolo in direzione dell'esofago. In meno di un secondo si attua
una complessa coordinazione neuro muscolare che vede coinvolte tutte le strutture
del quadrivio oro-rino-laringo-faringeo ovvero tra la via respiratoria naso-laringea
ed alimentare oro-faringea. E' strettamente dipendente dall'integrità dei centri e
delle vie nervose anzidette e dei gruppi muscolari competenti per la chiusura degli
sfinteri velo-faringeo (naso) e laringeo, che hanno lo scopo di evitare il reflusso di
cibo nel sistema respiratorio, ed apertura dello sfintere glosso palatale ed esofageo
superiore, che permettono al cibo di proseguire nelle vie digestive. E' una fase
riflessa e quindi non volontaria;
FASE 4 o esofagea: in essa avviene il transito del bolo tra lo sfintere esofageo
superiore (SES) e quello inferiore (SEI), con apertura sincrona, peristalsi del
viscere per far progredire il bolo lungo l'esofago e successiva tenuta anti reflusso.
é una fase riflessa.
FASE 5 o gastrica: è lo stadio gastrico di non ritorno nutrizionale naturale o artificiale.
é una fase riflessa.
CAUSE PATOLOGICHE DI DISFAGIA
(American Gastroenterological Society)
Cause Iatrogene (indotte da trattamenti): effetti collaterali di terapie farmacologiche
(chemioterapie, neurolettici ecc.), postchirurgia muscolare o neurogena, radiazioni;
Cause infettive: difterite, botulismo, malattia di Lyme, sifilide, mucosite (Herpes,
Cytomegalovirus, Candida, ecc.);
Cause metaboliche: amiloidosi, sindrome di Cushing, tireotossicosi, morbo di
Wilson;
Cause miopatiche: malattive del connettivo, dermatomiosite, miastenia gravis,
distrofia miotonica, distrofia oculofaringea, polimiosite, sarcoidosi, sindromi paraneoplastiche;
Cause neurologiche: tumori del tronco, trauma cranico, stroke, paralisi cerebrale,
sindrome Guillain Barrè, morbo di Huntington, sclerosi multipla, polio, discinesia
tardiva, encefalopatie metaboliche, SLA, morbo di Parkinson, demenze;
Cause strutturali: barra cricofaringea, divericolo di Zenker, tumori orofaringei,
osteofiti e malformazioni scheletriche, malformazioni congenite (palatoschisi, diverticoli,
tasche ecc.)
DISFAGIA ETA' CORRELATA: PRESBIFAGIA
La capacità di alimentarsi dell'anziano si modifica a causa dell'invecchiamento
delle funzioni sensoriali e di tutta la muscolatura oro-faringea e queste condizioni
come già accennato rendono gli anziani ancora più a rischio di disfagia
oro-faringea con aspirazione del bolo alimentare, aumento del rischio di infezioni
bronco-polmonari e soffocamenti, ridotto introito alimentare con aumento del
rischio di malnutrizione, disidratazione compromissione della qualità di vita fino
all'involuzione psico-fisica globale.
Nell'anziano inoltre spesso i problemi di deglutizione si manifestano in maniera
subdola e ciò comporta una maggiore attenzione e capacità di osservazione;
schematizzando le cause che rendono l'anziano a maggior rischio di disfagia sono:
- turbe della sensibilità oro-faringo-laringea;
- ridotta secrezione salivare che comporta la presenza di boli più asciutti e quindi
necessità di più atti deglutitori;
- modificazione dell'occlusione dentaria, diminuzione del numero dei denti
(minor sminuzzamento del cibo), presenza di protesi (spesso non adeguate);
- ipotonia linguale, ipostenia ed incoordinazione muscolare;
- sofferenza articolazione temporo mandibolare;
- disregolazione neurologica centrale;
- aumento di durata di tutte le fasi deglutitorie;
- fase anticipatoria (extraorale) meno efficace per: diminuzione della vista, dell'olfatto,
del gusto e dell'abilità gestuale;
- indebolito accoppiamento tra fase orale che si presenta più lunga e faringea
ritardata;
- aumento della soglia del riflesso difensivo della tosse (meno efficace);
- ipotonia muscolare esofagea, ritardo ed ipostenia dei due sfinteri;
- fattori sistemici: deperimento, motivazione, relazione, clinostatismo.
NELL'ANZIANO SPESSO I PROBLEMI DI DEGLUTIZIONE DI MANIFESTANO IN
MANIERA SUBDOLA
- i tempi per alimentarsi si allungano progressivamente;
- cambiano le abitudini alimentari (consistenza e sapore diverso, diminuzione
dell'assunzione di liquidi);
- compare la tosse durante i pasti;
- compaiono episodi febbrili.
CONDIZIONI INDISPENSABILI PER UNA ALIMENTAZIONE AUTONOMA
- VIGILANZA;
- ORIENTAMENTO (personale);
- CONCENTRAZIONE;
- MEMORIA;
- COORDINAZIONE MOTORIA GENERALE E SETTORIALE;
- CONTROLLO DELLE POSTURE DEL CAPO E DEL TRONCO;
- DISPOSIZIONE AD ALIMENTARSI;
- RICONOSCIMENTO DEL CIBO.
CAUSE DI DECLINO DELL'ALIMENTAZIONE IN PERSONE AFFETTE DA DEMENZA
- Deficit cognitivo;
- Disturbi comportamentali;
- Affacendamento motorio, ansia;
- Disorientamento;
- Deliri, Allucinazione, Aggressività;
- Perdita dell'attenzione;
- Assopimento, apatia;
- Perdita di memoria;
- Disturbi alimentari;
- Dipendenza nelle ADL;
- Scarso controllo motorio.
La DIAGNOSI di disfagia si avvale di:
1) BEDSIDE EVALUATION (BSE) ovvero della osservazione al letto della
persona (D.Farneti, 2004).
E' una metodica non invasiva, a basso costo, altamente specifica e sensibile e
pone il sospetto o conferma l'esistenza di disfagia e le sue complicanze e deve
essere condotta preferibilmente da medici specialisti o logopedisti.
La BSE si suddivide in 3 momenti:
A) Raccolta dei dati anamnestici (patologie, interventi, farmaci);
B) Valutazione cognitivo-comunicativa, osservazione della facies, esplorazione
manuale della bocca e della faringe (Informal BSE);
C) Valutazione delle abilità deglutitorie per boli di diversa consistenza, comparsa
della tosse, raschio in gola, qualità della voce (Formal BSE).
2) INDAGINI STRUMENTALI che si distinguono in:
A) Procedure non dinamiche: Laringoscopia indiretta - TAC e RMN -
Fibrolaringoscopia (spuria);
B) Procedure dinamiche: Manometria faringea - Scintigrafia - Ultrasonografia -
Videofluoroscopia (VFS).
VIDEOFLUOROSCOPIA (VFS): rappresenta il Gold standard strumentale nello studio della
disfagia (Logeman, 1998) e consiste in una tecnica radiologica che studia la fase orale e
faringea permettendo di definire e quantificare il grado di inalazione intradeglutitoria. Il
paziente viene esaminato mentre deglutisce una dose singola di mezzo di contrasto di
consistenza opportuna, da seduto, nelle due proiezioni latero-laterale ed antero-posteriore.
Per l'esame è necessario che il paziente abbia il tronco in posizione eretta, anche seduto in
barella o è in carrozzina e prescinde dalle sue condizioni psichiche o di vigilanza,
consentendone l'esecuzione anche su soggetti non attivamente collaboranti quali anziani e
bambini.
FIBROLARINGOSCOPIA: Fornisce dati sui parametri statici e dinamici della deglutizione
(Farneti, 2004). Consiste in una indagine endoscopica e tra le tecniche è la più agevole come
esecuzione (Bastian, 1993), ripetibile, ben tollerata, economica, elettiva; l'eventuale presenza
di inalazione è desumibile indirettamente dalla comparsa di tosse durante e/o dopo l'atto
deglutitorio o direttamente con la presenza di tracce di bolo a livello laringeo.
Allo stato attuale l'indagine strumentale è di difficile applicabilità nelle RSA e nel
territorio. E' costosa sia in termini economici che di carico di lavoro (spostamento presso
strutture specializzate, distaccamento operatori, domiciliari).
E' invasiva e non somministrabile alla maggior parte degli anziani in particolare
ai soggetti più debilitati o con demenza associata o meno a disturbi del comportamento.
APPROCCIO GESTIONALE
Le tecniche di Bed Side Evaluation ci permettono di evidenziare tramite una
attenta osservazione la presenza o meno di disfagia, la sua gravità clinica e
quindi le necessità di tipo assistenziale; riguardo questo ultimo aspetto si
riconosce:
GESTIONE ELEVATA: in presenza di eccessiva velocità o eccessiva lentezza
nell'assunzione del cibo, scarso controllo delle prassie orofacciali con presenza di
movimenti di masticazione, scarso controllo delle prassie orofacciali con presenza
di movimenti della lingua, limitata autonomia nell'alimentazione, collaborazione
limitata dalle difficoltà di comprensione verbale e contestuale. In qusta fase il
paziente necessita di sorveglianza stretta ed eventuale modificazione della dieta.
GESTIONE MODERATA: in presenza di edentulia o protesi dentarie incongruenti,
impossibilità ad evocare volontariamente la tosse, respirazione alterata con
incapacità a mantenere l'apnea deglutitoria, scarso controllo delle prassie
orofacciali con apertura e chiusura della bocca con tenuta delle labbra. In questa
fase il paziente necessita di supervisione dell'alimentazione e variazione della
dieta.
GESTIONE MINIMA: in presenza di postura scorretta, percezione del gusto
alterato (mancato riconoscimento dei sapori, ricerca di gusti più decisi), alterazione
nella produzione della saliva, calo ponderale nell'arco di breve tempo, variazione
della qualità della voce nell'ultimo mese. In questa fase il paziente necessita di un
controllo periodico.
CONCLUSIONI
Da quanto esposto si evidenzia come tale problematica necessiti di un approccio
di tipo multidisciplinare e multiprofessionale; le nuove organizzazioni funzionali
(AFT), alla luce delle nuove linee del Piano Socio Sanitario della regione Veneto,
che indica il territorio come sede della gestione delle cronicità così da diminuire la
necessità di ricorrere al ricovero ospedaliero (numerosi infatti sono i ricoveri in
ospedale per malnutrizione e disidratazione e sindromi correlate secondarie a
disfagia) ben si adatteranno a rispondere in modo efficace ad un problema così
complesso.
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