IL CONCETTO DI “GOVERNANCE
EPISTEMOLOGICA” NELL'APPROCCIO ALLA
CRONICITÀ
VISCA Giorgio
Direttore Nazionale Settore Specialistico Cure Palliative SIFoP
Riassunto
Il richiamo all'autonomia ed alla partecipazione degli individui sancito formalmente dalla
Dichiarazione di Alma Ata ha riportato il paziente al centro della scena medica ed assistenziale
ed ha aperto le porte ai principi della soggettività e della qualità della vita, incrinando parte delle
certezze del cosiddetto modello bio-medico.
L'apertura ad un mutamento epistemologico della medicina, ossia alla critica della validità
assoluta del modello biomedico riduzionistico nel campo della gestione della cronicità, espone
alla possibilità di rinunciare ad alcune certezze della Tekne e di aprire la strada alla dimensione
dell'incertezza e del dubbio, derogando alla necessità della “spiegazione” e schiudendo le porte
alla fenomenologia.
Paradigmatico in tal senso è il contesto della Medicina Palliativa per i malati alla fine della vita, in
cui spesso predomina l'incertezza o, meglio, il dilemma epistemologico che la certezza della
morte è in grado di porre al medico. In questo dominio concetti come “benessere” e “qualità
della vita” rivelano il loro imbarazzante peso allo “scienziato” che è in ogni medico.
Nel campo della cronicità e, maggiormente in quello della Medicina Palliativa, la sfida fra
dimensione della soggettività e dell'oggettività, fra la quantità e la qualità della vita, rendono
necessaria da parte del medico la capacità di saper modulare, unitamente al paziente, l'approccio
epistemologico all'assistenza, ossia, in altri termini, di possedere una governance epistemologica
che permetta di orientare correttamente il percorso di ogni singola assistenza
Parole chiave
Governance, Epistemologia, Cronicità
IL TERMINE “GOVERNANCE” IN AMBITO SANITARIO
L'anglicismo “governance” è entrato a far parte della terminologia corrente del mondo
aziendalistico-imprenditoriale internazionale a partire dall'inizio degli anni '90 del XX° secolo.
Come definito dalla Treccani “a partire dal linguaggio aziendale, in cui indica maniera, stile o
sistema di conduzione e di direzione di un'impresa (…), il significato del sostantivo si è
rapidamente allargato all'accezione di insieme dei princìpi, dei modi, delle procedure per la
gestione e il governo di società, enti, istituzioni, o fenomeni complessi, dalle rilevanti ricadute
sociali. [1]
L'origine etimologica della parola governance risale al verbo greco kubernân che significa
letteralmente guidare, pilotare una nave o un carro e venne usato per la prima volta in modo
metaforico da Platone per indicare l'arte di guidare o governare gli uomini, l'arte dei timonieri che
non remano, ma indicano la rotta. Dal greco è successivamente derivato il termine latino
gubernare e gubernantia con gli stessi significati.
Il termine antico francese gouvernance, venne utilizzato dal XIII° secolo come equivalente di
“governo” e quindi, a partire dal 1478, per indicare alcuni territori del nord della Francia dotati di
un particolare statuto amministrativo.
A partire dal XIV° secolo il termine entrò nella lingua inglese facendo nascere il termine
governance, cadendo successivamente in disuso fino agli anni Novanta del Novecento, periodo
in cui venne reintrodotto da parte di economisti e politologi anglosassoni e da parte di alcune
istituzioni internazionali (ONU, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale) per indicare
“l'arte o la maniera di governare”, anche secondo una nuova connotazione di una modalità di
gestione degli affari pubblici fondata sulla partecipazione della società civile a tutti i livelli. [2]
Mutuato dal mondo imprenditoriale, sull'onda del processo internazionale di aziendalizzazione
dei sistemi sanitari, il termine “governance” è entrato nel vocabolario comune del mondo
sanitario internazionale a partire dal 1998 con l'introduzione del concetto di “clinical governance”
da parte del Department of Health del NHS britannico [3], concetto di ormai di larga diffusione
anche all'interno del panorama sanitario italiano e più volte presente nei principali documenti di
programmazione ed indirizzo sanitario a livello nazionale e regionale.
La “clinical governance” è intesa come una nuova modalità di gestione dei servizi sanitari
attraverso la quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento continuo
della qualità dei loro servizi e garantiscono elevati standard assistenziali creando le condizioni
ottimali nelle quali viene favorita l'eccellenza clinica [4].
La governance clinica si connota quindi come una strategia gestionale intesa a rendere ogni
azione (clinica, assistenziale, organizzativa, economico-finanziaria, gestionale) coerente e
finalizzata alla qualità dell'assistenza, mettendo in grado l'organizzazione di evolvere attraverso
meccanismi di feed-back che le permettano di apprendere continuamente dalle proprie
esperienze. (Es. gestione del rischio clinico, audit clinici a seguito di implementazione di linee
guida, innovazione tecnologica ed organizzativa). [5]
LE NECESSITÀ DI GOVERNANCE E LA TRANSIZIONE EPIDEMIOLOGICA
Oltre al processo di aziendalizzazione in ambito sanitario, fra gli elementi che hanno
principalmente reso necessario un cambiamento della strategia gestionale nei sistemi sanitari,
ossia il passaggio da un sistema di “governo” ad una sistema di “governance” fondato sulla
partecipazione e sulla parallela necessità di “mantenere la rotta”, è stata senza dubbio anche la
progressiva trasformazione del bisogno assistenziale verso il paradigma della cronicità.
Questa infatti se da un lato ha allargato la numerosità dei soggetti interessati, dall'altro ne ha
mutato profondamente le necessità, rendendo obsolete o inefficaci le precedenti modalità
gestionali dei sistemi sanitari finalizzate all'organizzazione di una risposta assistenziale per
malattie che interessavano un minor numero di persone e per un tempo più limitato, aprendo alla
dimensione della complessità il mondo dell'assistenza sanitaria.
Questa progressiva evoluzione verso la prevalenza di malattie croniche e degenerative è da
tempo nota nell'ambito della Sanità Pubblica come “transizione epidemiologica”.
Secondo la teoria della “transizione epidemiologica”, proposta per la prima volta da Abdel Omran
nel 1971, tutte le società affrontano nel corso del processo di modernizzazione tre “età”: quella
delle pestilenze e delle carestie, quella della remissione delle pandemie ed infine l'età delle
malattie degenerative ed antropogeniche, con la progressiva riduzione del carico di mortalità e
morbosità dovuto alle malattie infettive e la prevalenza della mortalità attribuibile alle malattie
cronico-degenerative ed agli eventi traumatici. [6]
Alla base della transizione epidemiologica e del conseguente mutamento del quadro demografico
e della possibilità di aggiungere anni alla vita, coesistono una serie di determinanti spesso
racchiusi sinteticamente come “processo di modernizzazione”, ma che Omran stesso evidenzia
come per nulla semplici da identificare. Mutamenti ecobiologici, socioeconomici, politici e
culturali ed infine gli avanzamenti della medicina e delle modalità di assistenza sanitaria sono tra
i macro-fattori più frequentemente richiamati nel determinismo della transizione epidemiologica,
il diverso peso dei quali nell'aumento dell'aspettativa di vita e nel parallelo processo di
cronicizzazione delle malattie è tuttavia da tempo oggetto di dibattito.
Il ruolo stesso dei progressi della biomedicina nel processo di riduzione della mortalità è stato in
particolare oggetto del lavoro e delle analisi di Thomas McKeown che, fra il 1955 ed il 1988, si
impegnò per sostenere ed argomentare la “teoria” fondata sulla necessità di ridimensionare il
reale impatto della bio-medicina nell'aumento dell'aspettativa di vita rispetto al preponderante
ruolo dei miglioramenti igienico-sanitari delle condizioni di vita e della nutrizione, [7] “teoria”
peraltro già ben nota ad igienisti italiani come Pagliani per i quali la disponibilità di acqua, casa
ed alimentazione era in grado di fare la differenza per la salute delle popolazioni [8].
DALLA TRANSIZIONE EPIDEMIOLOGICA ALLA TRANSIZIONE
ORGANIZZATIVA: LA PRIMARY HEALTH CARE
Gli interrogativi aperti nella seconda metà del XX° secolo sul reale impatto sulla salute esercitato
da parte della “Medicina” indotti dall'evidenza epidemiologica furono paralleli ad un ripensamento
stesso delle politiche sanitarie a livello internazionale e delle relative modalità di erogazione
dell'assistenza, come testimoniato anche dalla “coraggiosa” definizione di salute dell'OMS del
1946 intesa come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
Esempi paradigmatici di questo processo di trasformazione furono l'avvio del modello del welfare
e la nascita del National Health Service in Gran Bretagna e, principalmente, la nascita della
Primary Health Care con la Conferenza di Alma Ata del 1978, con la quale la comunità
internazionale (OMS ed UNICEF) riconosceva e sanciva il ruolo della Assistenza Primaria come
principale strategia per ottenere un miglior livello di salute della popolazione. [9]
Fra i principi fondanti della Dichiarazione vennero già allora identificati la partecipazione e
l'autonomia degli individui e delle comunità, la promozione della salute e la prevenzione delle
malattie, e la centralità dell'assistenza primaria nei sistemi sanitari secondo criteri di accessibilità,
prossimità e accettabilità scientifica, economica e sociale.
Questo modello “rivoluzionario” di intendere le strategie per fare e mantenere la salute costituisce
di fatto la prima formalizzazione della necessità da un lato di una maggiore attenzione ai
determinanti di salute rispetto ai determinanti di malattia e dall'altro di aprire la strada ad una
transizione organizzativa e strategica nelle modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria in
risposta alle nuove sfide aperte dalla transizione epidemiologica.
La transizione organizzativa dei sistemi sanitari fondata sull'assistenza primaria introduce l'idea
del “territorio” quale luogo principale ove fare salute ed erogare i principali interventi
assistenziali. Il concetto del “territorio” è stato negli anni variamente espresso nel tentativo si
evidenziare la sostanziale alterità e, conseguentemente, diversità rispetto al luogo predominante
nella consueta cultura assistenziale: l'ospedale. Questa impostazione tuttavia, tradisce e
marginalizza la reale essenza dell'assistenza primaria che è fondata sul paradigma della
prossimità alle persone nel loro contesto sociale e familiare e che, solo in conseguenza di questo
diventa territoriale.
Nonostante le cure primarie e territorialità siano diventate “parole d'ordine” reiterate in ogni
documento di programmazione sanitaria a livello sia internazionale che nazionale, l'impronta
cosiddetta “ospedalocentrica” dei sistemi sanitari risulta tuttavia ancor oggi prevalente, a
testimonianza della natura culturale e nondimeno epistemologica della resistenza al cambiamento
non solo da parte delle organizzazioni sanitarie, ma anche degli individui e delle comunità
LA GOVERNANCE EPISTEMOLOGICA
Il richiamo all'autonomia ed alla partecipazione degli individui sancito formalmente fin dalla
Dichiarazione di Alma Ata ha riportato il paziente al centro della scena medica ed assistenziale ed
ha aperto le porte ai principi della soggettività e della qualità della vita, incrinando parte delle
certezze del cosiddetto modello bio-medico.
Come evidenziato da Sullivan “la transizione epidemiologica dalle malattie acute a quelle croniche
promuove una transizione epistemologica da un'evidenza di salute e di efficacia assistenziale
principalmente oggettiva ad una principalmente soggettiva. (…) La job description del medico
verrà cambiata al fine di focalizzarsi sulle vite dei pazienti piuttosto che sui loro corpi” [10]
L'apertura ad un mutamento epistemologico della medicina, intesa come “l'indagine critica intorno
alla struttura e ai metodi (osservazione, sperimentazione e inferenza) delle scienze, riguardo
anche ai problemi del loro sviluppo e della loro interazione” [11] ossia alla critica della validità
assoluta del modello biomedico riduzionistico nel campo della gestione della cronicità, espone
alla possibilità di rinunciare ad alcune certezze della Tekne e di aprire la strada alla dimensione
dell'incertezza e del dubbio, derogando alla necessità della “spiegazione” e schiudendo le porte
alla fenomenologia.
Per quanto destabilizzante possa apparentemente sembrare, la prassi medica è tuttavia da sempre,
necessariamente, connotata dalla dimensione della soggettività e dell'incertezza, pur se
sublimata dalla ricerca scientifica quantitativa nella differenza fra efficacia teorica ed efficacia
pratica, tanto da poter dubitare della stessa possibilità di una reale concezione epistemologica
della medicina in quanto, come ricordato da Cosmacini, “la medicina non è una scienza”. [12]
Paradigmatico in tal senso è il contesto della Medicina Palliativa per i malati alla fine della vita, in
cui spesso predomina l'incertezza o, meglio, il dilemma epistemologico che la certezza della
morte è in grado di porre al medico. In questo dominio concetti come “benessere” e “qualità
della vita” rivelano il loro imbarazzante peso allo “scienziato” che è in ogni medico.
Nel campo della cronicità e, maggiormente in quello della Medicina Palliativa, la sfida fra gli
estremi del nichilismo terapeutico e dell'onnipotenza medica, fra la dimensione della soggettività
e dell'oggettività, fra la quantità e la qualità della vita, rendono necessaria da parte del medico la
capacità di saper modulare, unitamente al paziente, l'approccio epistemologico all'assistenza,
ossia, in altri termini, di possedere una governance epistemologica che permetta di orientare
correttamente il percorso di ogni singola assistenza. [13]
CONCLUSIONI
L'immagine dell'auriga che “guberna”, con e per il paziente, i cavalli delle differenti modalità di
intendere la salute, la medicina, l'esistenza, concedendo a seconda del momento di prevalere ad
uno o all'altro e conducendo il carro verso la strada più opportuna, rappresenta in sintesi il
compito a cui è chiamato ogni professionista dell'assistenza alla cronicità.
Questa capacità di governance epistemologica è infatti, in modo più o meno consapevole, il
bagaglio comune, lo strumento indispensabile, di tutti coloro che nella loro quotidianità si confrontano
con la cronicità e la prossimità alle vite dei pazienti e delle loro famiglie e che ne connota
la specifica competenza professionale.“Non esiste scienza privata della filosofia, al massimo
può esistere una scienza dove il bagaglio filosofico è stato portato a bordo senza alcun esame
preliminare. (Daniel Dennett. L'idea pericolosa di Darwin. Bollati Boringhieri, 2004.)
Bibliografia
[1]Portale Treccani. Lingua Italiana at http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/parole/delleconomia/
governance.html (acc . 23/01/2012)
[2] European Commission. Governance in the EU. A White paper. Etymology of the word governance in the different languages. (2001) at http://ec.europa.eu/governance/prepa_lb_en.htm (acc.
23/01/2013)
[3] NHS. "A first class service: Quality in the new national health service"- Londra, Department of
Health, 1998
[4] Scally G, Donaldson L J, Clinical governance and the drive for quality improvement in the new
NHS in England. BMJ, 4 July 1998
[5] Regione Piemonte. ARESS. Glossario, 2009
[6] Omran, A.R (2005. First published 1971), "The epidemiological transition: A theory of the epidemiology
of population change", The Milbank Quarterly 83 (4): 731-57. Reprinted from The
Milbank Memorial Fund Quarterly 49 (No.4, Pt.1), 1971, pp.509-538
[7] Bynum B. The McKeown Thesis. The Lancet, Volume 371, Issue 9613, Pages 644 - 645, 23
February 2008
[8] Cosmacini G. Medici nella storia d'Italia, Laterza, 1996
[9] WHO. Declaration of Alma Ata. Sept. 1978. At www.who.int/.../almaata_declaration_en.pdf -
(acc. 23/01/2013)
[10] Sullivan, M. The new subjective medicine: Taking the patient's point of view on health care
and health. Social Science & Medicine, Vol 56(7), Apr 2003, 1595-1604.
[11] Portale Treccani. Vocabolario. Epistemologia. At http://www.treccani.it/vocabolario/epistemologia/ (acc 23/01/2013)
[12] Cosmacini G. La medicina non è una scienza. Breve storia delle sue scienze di base.
Raffaello Cortina Editore, 2008,)
[13] Visca G, The epistemological governance. Panminerva Medica; Vol. 51 - Suppl. 1 to No. 3.
September 2009; p. 122
Corrispondenza
giorgiovisca@inwind.it |